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Hendrix '70: Live at Woodstock

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Un'immagine da 'Hendrix 70: Live at Woodstock' (photo courtesy ufficio stampa Nexo Digital)

Di Raffaella Giancristofaro

«Grazie per averci fatto entrare nelle vostre orecchie e nei vostri cuori. Scusate se accordiamo mentre suoniamo, ma solo i cowboy restano accordati». Così uno sfrontato e seducente Jimi Hendrix si rivolgeva, la mattina del 19 agosto 1969, a ciò che restava della marea umana della tre giorni del Festival di Woodstock. Facce stonate, placidamente abbarbicate al palco di legno, circondano il più grande chitarrista di tutti i tempi (e non solo secondo "Rolling Stone" Usa). In Hendrix 70: Live at Woodstock – estratto di footage dal fluviale Woodstock, tre giorni di pace, amore e musica, leggendario film di montaggio firmato da Michael Wadleigh ma in realtà filmato da diversi operatori – è l'impresario Michael Lang a ricordare che fu proprio Hendrix a insistere per chiudere il concerto, nonostante il mostruoso ritardo che si stava accumulando e il prevedibile esodo dal fango (a tratti, quando la camera inquadra Hendrix di lato, si intravede proprio la gente defluire in mezzo alla campagna).

Un documentario musicale che ha il pregio di una ripulitura precisa e splendente del suono che lo rende un'esperienza unica, e insieme straniante, vista la distanza spazio temporale dall'evento. Progetto supervisionato dalla Experience Hendrix (società familiare che tutela il nome del chitarrista, presieduta da Janie, sorella di Jimi), il film è incorniciato da una serie di interviste ai "survivors" di quell'evento: i musicisti che condivisero il palco con Hendrix (i "Gypsy Sun and Rainbows"), come il bassista Billy Cox e il batterista Mitch Mitchell, e il chitarrista Larry Lee, di fresco tornato dal Vietnam e che on stage indossa una curiosa sciarpa a frange verdi. Delle vere macchine da guerra. Con loro stavano altri due percussionisti, Juma Sultan e Jerry Velez, in trance agonistica a percussioni e bongos.

Jimi Hendrix in 'Hendrix 70: Live at Woodstock' (photo courtesy ufficio stampa Nexo Digital)

La rimasterizzazione digitale dei pezzi fa sanguinare le orecchie, e non è forse in quello che sta la soddisfazione di aver pagato il biglietto? Non ci sono parole adatte a descrivere la facilità e la maestria tecnica con cui Hendrix domina con le sue dita chilometriche una Strato rovesciata, che accorda in corsa, fumando, suonando con la bocca, usando l'asta del microfono come slide, dichiarando di improvvisare a un certo punto, mimando sesso orale con le groupies... uno spettacolo di performer e un genio della chitarra, persino banale dirlo. Che, anche a detta dei testimoni, non a caso era stanco di restare nella formazione imposta dai discografici, e avendo dimostrato a se stesso e al mondo (non solo alla babele di Woodstock) di poter piegare lo strumento in ogni direzione, cercava stimoli nuovi. Li avrebbe trovati, certamente, con Miles Davis e chissà con quanti altri.

La scaletta dei pezzi è impressionante, un flusso continuo di energia allo stato puro, con una sezione ritmica rigorosa che dà modo al genio di divagare e disegnare ipnotici arabeschi elettrici. I titoli li conoscete già, roba da far rizzare i peli al primo riff: Purple Haze, Foxy Lady, Red House, Voodoo Child... e ovviamente, la storica distorsione - qui interamente riprodotta – di Star Sprangled Banner, la controcultura racchiusa nell'interpretazione di un inno. E poi, guardate le facce dei ragazzi - Hendrix nel '69 aveva 26 anni... – che lo circondano e lo guardano dal prato incantati e rapiti. A oltre 40 anni da quel concerto, siamo rimasti affascinati anche noi dalla sua sicurezza sexy. Ma l'occasione è da prendere al volo: il film grazie a Nexo Digital sarà in sale selezionate solo martedì 27 novembre. Non si può perderlo.


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